L’olivicoltura venne definita nel 1808 il più grande oggetto dell’economia della Terra D’Otranto.
Un’economia fiorente autonoma tra diverse dinastie, portato avanti per secoli.
Bene nel Salento gli alberi sono sculture non piante.
Esseri con anima dalle forme più variegate alle quali si attribuiscono nomi ispirati da forme intense.
Ormai questi alberi piangono insieme ai loro custodi. Custodi che si sono presi cura per generazioni, custodi come le mamme si prendono cura dei propri figli.
“Ricordo” non troppo lontano ma con grande piacere i mie nonni che durante l’anno (365 giorni) che la l’oro seconda casa era l’uliveto e la rispettiva terra che lo nutriva, giorni di dure fatiche ma anche di gioie.
“Ricordo” Agosto ,quando si arava con il cavallo se calpestavi la terra bisognava piegarsi a zappettare nuovamente la terra perché la terra doveva essere soffice.
“Ricordo” che d’estate si toglievano le larve con il filo di ferro fatto ad ancino.
Alcuni propretari terrieri chiamavano questi maestri pagandoli in base a qualte larve riuscivano a togliere dal tronco.
“Ricordo” i giorni della rimonda , tensione altissima. Non si poteva tagliare mai un ramo fruttifero , non si poteva mai usare il segaccio su una branca e guai se toglievi le fronde piegate verso il basso.
“Ricordo” la raccolta delle olive che partiva i primi di novembre e finiva ad aprile alcuni anni anche a maggio.
Le scope fatte a mano dai polloni. Le arie preparate a fine agosto mai un filo d’erba. Per poter entrare a scopare le olive cadute dall’albero bisognava mettersi le scarpe a suola bassa per non creare buche nel terreno coi tacchi. E nei giorni di forte vento quando le chiome degli ulivi ondegiavano facendo cadere i propri frutti bisognava raccoglierli una ad una perché l’olio dalle olive perse si faceva.
La cernitura escusivamente con il farnaro a fili stretti per non far cadere le olive più piccole. Poi la molitura silenzio assoluto, visi tirati ore di attesa per il ritiro dell’olio.
Concludo, che un giorno sui libri di storia si raccontera di questa vita e degli ulivi salentini….
Di quanto questi patriarchi della natura erano simboli di questa Terra.
Si racconterà anche di questo bosco diventato grigio che basta guardarlo ti vien da piangere, una catastrofe economica e culturale della nostra amata Terra.
Ovviamente vorremmo tutti noi che l’uomo riuscisse a mantenere questo cataclisma non sia mai più morte ma Vita.
Dal web di Tommaso Mezzina